SPECIALE ASPETTANDO IL DAVID69


GIORGIO MORODER: «SONO STATO IL PRIMO A PORTARE IL SINTETIZZATORE A HOLLYWOOD. E OGGI ASCOLTO LA TRAP» di Elisa Grando

Dopo tre Oscar e quattro Golden Globe, il grande compositore riceverà il Premio David alla Carriera 2024 che celebra le sue leggendarie colonne sonore. Pioniere dell’elettronica e della discomusic, non ha smesso di sperimentare: ha appena prodotto un nuovo brano, esplora i social («What a Feeling e Take My Breath Away sono i miei due brani che sento di più quando guardo Tik Tok») e ha già provato a comporre con l’intelligenza artificiale


Il palmarès di Giorgio Moroder è piuttosto affollato: conta, tra gli altri, tre Premi Oscar (per la colonna sonora di Fuga di mezzanotte e per le canzoni principali di Flashdance e Top Gun), quattro Golden Globe, quattro Grammy Award e cento dischi d’oro. Il David di Donatello alla Carriera che riceverà tra poche ore, però, per lui ha un sapore speciale: «Sono davvero contento, è un onore enorme», dice. Il pioniere della disco music e dell’elettronica, il primo compositore a portare il sintetizzatore nelle colonne sonore di Hollywood, vive da cinquant’anni a Los Angeles («Sono sempre italiano però, non ho neanche la carta verde ma solo il visto di lavoro», sorride), con lunghi periodi dell’anno nella sua Ortisei, in Trentino. A Roma arriverà direttamente dagli Usa insieme all’amica cantante Charlotte Ross, con la quale ha appena inciso un pezzo di Joni Mitchell, Both Sides Now. Dopo 60 anni di carriera non ha ancora smesso di sperimentare con la musica, anche da ascoltatore: i suoi cantanti preferiti del momento non superano i trent’anni. «Ascolto solo musica pop, i francesi che fanno trap e rap o la top 50 italiana e americana», dice. «Mi piacciono molto soprattutto i rapper, per esempio Rosa Chemical, Sfera Ebbasta, Mahmood, Shiva, Geolier. Voglio sapere quello che succede nella musica, anche quella europea».

Negli anni ’70 è stato uno dei primi a sperimentare l'elettronica e l’uso del synth anche nella musica pop. Da dove è partito tutto?
«Giravo l’Europa come musicista e mi sono detto: devo diventare compositore. Col sintetizzatore ho cominciato nel mio studio di registrazione a Monaco, la prima canzone è stata Son of My Father: da quel giorno l’ho usato per quasi per tutte le canzoni, anche se all’inizio lo affittavo, perché non avevo soldi. Poi ho deciso di fare un pezzo dove, a parte la voce di donna, tutto è elettronico: I Feel Love. Ho scelto Donna Summer. Il brano che subito dopo ha fatto la nostra carriera però è Love to Love You Baby. Con Donna siamo rimasti amici per tutta la vita. negli ultimi anni lei abitava nel mio stesso condominio a Los Angeles».

È vero che è stato uno dei primi compositori pop a entrare nella Hollywood degli anni ’70?
«Grazie a Love to Love You Baby, che era diventata una hit, Alan Parker mi ha chiesto di fare la musica per Fuga di mezzanotte. Gli ho detto: “Non so come si fa, perché non l’ho mai fatto”. Mi ha risposto che era molto facile: c’era una scena in cui il protagonista scappa, aveva bisogno di un pezzo sullo stile di I Feel Love. Così ho composto The Chase. È stata la prima colonna sonora di un film fatta usando il sintetizzatore».

Cosa la ispira quando deve iniziare a lavorare a un film?
«Parlare col regista. Quasi tutti hanno un’idea abbastanza precisa di quello che vogliono. Brian De Palma con Scarface mi ha detto per esempio che l’inizio doveva essere un po’ misterioso. Poi guardo dei girati del film, faccio una prima incisione e se ascoltandola mi va bene faccio un demo migliore e lo mando al regista. Raramente lavoro con la musica solo leggendo la sceneggiatura: mi piace vedere la scena in cui il regista vuole la musica».

C’è un regista col quale si è trovato in assoluto più in sintonia?
«Ho lavorato bene con tutti. Con Alan Parker è stato l’incontro di una domenica pomeriggio: è venuto a Monaco, gli ho fatto sentire il pezzo, gli è piaciuto e non l’ho più visto fino a che mi hanno dato l’Oscar. Con De Palma abbiamo parlato di più, forse è il regista col quale mi è piaciuto di più lavorare».



Come sono nati i suoi altri due brani da Oscar, Flashdance… What a Feeling e Take My Breath Away da Top Gun?
«Per Flashdance è stato relativamente facile: ho composto per la prima scena dove la protagonista gira con la bicicletta e ho ripreso il tema per la fine, il momento in cui il pezzo ha il suo culmine. Per Top Gun, era stato il produttore Jerry Bruckheimer a chiedermi un pezzo: ho visto 40-50 secondi del film e ho composto Take My Breath Away. È più una canzone che un pezzo pop: lì si sente la mia mente italiana nel comporre la melodia. Guardando Tik Tok, sono i due miei pezzi che sento di più».

Nel 1989, per Mamba di Mario Orfini, fu candidato al David di Donatello. Le è capitato però poche volte di lavorare con registi italiani, perché?
«Non so, forse perché non ho ricevuto molte offerte. I registi italiani forse mi percepivano come un compositore che lavora in America, o pensavano che non mi interessasse il cinema italiano. In effetti sono sempre stato a Los Angeles, c’era una distanza di chilometri ma anche mentale».

Ha lavorato con grandissimi artisti come David Bowie, Freddie Mercury, i Coldplay, i Daft Punk, Kyle Minogue. A parte Donna Summer, con chi sente di aver avuto il rapporto artistico più importante?
«Probabilmente David Bowie, che scrisse il testo di Putting Out Fire sulle mie musiche per Il bacio della pantera di Paul Schrader. Gli ho mandato il nastro, ci siamo incontrati a Montreux in Svizzera, abbiamo cenato in maniera molto famigliare. In studio di incisione abbiamo fatto due takes e David dice: “Abbiamo finito”. Erano solo le 11 di mattina. Schrader gli risponde: “Scusa, noi nel cinema non facciamo solo un take, ne facciamo 20”.  Era abbastanza sorpreso».

Oggi i dischi si producono a distanza. Le manca il rapporto creativo diretto?
«La collaborazione a distanza funziona ma mi manca la collaborazione diretta. Realizzo dei demo, li faccio arrangiare in Germania o in Inghilterra, poi li mando ancora a terzi per continuare il lavoro. Ma è tutto diverso rispetto a quando eravamo nello stesso studio e le idee venivano insieme, col cantante e coi musicisti».

È vero che vuole produrre un brano usando l’intelligenza artificiale?
«Volevo fare un cortometraggio di 15 minuti, una cosa abbastanza misteriosa, e ho provato con l’Intelligenza artificiale ma non ha funzionato. Non è come aver scoperto il sintetizzatore, che poi è diventato uno strumento. Per esempio, ho provato a far lavorare l’AI su un pezzo di 15 secondi composto da me: mi ha dato come risultato un brano di 5 minuti. Ma era una versione unica, non era possibile fargli lavorare un sound simile in continuità. Credo che per la musica non sia ancora il momento dell’AI».