SERENA ROSSI È PRONTA PER LA CERIMONIA DI APERTURA: «DA MADRINA NON DIMENTICHERÒ LE MIE EMOZIONI DI ATTRICE E SPETTATRICE»

Vincitrice del David di Donatello nel 2018 per la miglior canzone di Ammore e Malavita, la madrina della 78. Mostra sbarca a Venezia nell'anno simbolo del riscatto del cinema italiano: «Nel lavoro ho sempre voglia di superare i miei limiti. Il mio sarà un discorso istituzionale, ma non dimenticherò di portare sul palco me stessa»


Gli ultimi anni, per Serena Rossi, sono stati una serie strepitosa di successi, dalla vittoria del David di Donatello per la miglior canzone di Ammore e Malavita, nel 2018, a tanti ruoli delicati e importanti, come nei film Io sono Mia, Brave ragazze e Lasciami andare, fino alla grande popolarità televisiva della serie Mina Settembre.
In una recente intervista l'attrice aveva dichiarato che, all'inizio del suo percorso cinematografico, aveva sofferto per la diffidenza nei confronti di chi veniva dalla tv. Tempi lontani: dal 16 dicembre vedremo Serena in uno dei film più attesi della stagione, Diabolik dei Manetti Bros., e oggi si prepara a salire sul palco del Lido come madrina della 78. Mostra del Cinema di Venezia.


Che emozioni prova ad essere la madrina della Mostra, proprio nell'anno della riscossa del cinema italiano al Lido? Ha già pensato a cosa non potrà assolutamente mancare nel suo discorso?
Sono davvero emozionata di essere stata scelta dalla Biennale come Madrina della Mostra del Cinema di Venezia, in un anno così importante e simbolico in cui il desiderio e la voglia di fare cinema e di tornare in sala è fortissimo. Come sottolineato dal direttore Alberto Barbera il cinema sta vivendo uno stato di grazia, come se il periodo difficile che stiamo affrontando abbia influito in positivo sulla creatività. Il mio discorso sarà certamente istituzionale ma non dimenticherò di portare sul palco me stessa con le mie emozioni di attrice e spettatrice.


Cos'è cambiato per lei dalla vittoria del David e in questi ultimi anni così densi?
Sicuramente sono più consapevole e più sicura di me, ho accolto i miei pregi e cerco di lavorare sui miei difetti. Oggi più che mai ho capito che la via giusta per stare nel mondo è essere me stessa, ricercando sempre la versione migliore di me. Una cosa invece che è rimasta costante è la voglia e la necessità di superare i miei limiti: mi piace spostare l'asticella, non accontentarmi.


Com'è la sua Elisabeth Gay in Diabolik, un personaggio che si evolve in modo inaspettato nel corso del fumetto? E cosa c'è di speciale nel suo rapporto coi Manetti, che da Song'e Napule l'hanno voluta in tutti i loro film?
In Diabolik mi hanno trasformato: il mio personaggio ha un accento nordico e gli occhi viola, tanto per capirci. Partire da un fumetto è stato difficile ma al contempo elettrizzante. Devo davvero molto ai Manetti Bros: due spiriti liberi che hanno creduto in me.  E poi con loro ci si diverte sempre moltissimo.