SPECIALE VENEZIA 79


VENEZIA 79, L’ITALIA IN CORSA PER IL LEONE D’ORO: LA PAROLA AI PRODUTTORI DEI 5 FILM DI AUTORI ITALIANI IN CONCORSO Testi raccolti da Elisa Grando

Storie vere del passato che risuonano forti nella contemporaneità, epopee americane che scandagliano psicologie complesse e rapporti estremi: sono i mondi, geografici ed interiori, esplorati dagli autori italiani in gara a Venezia. Il primo a mostrarsi al Lido è Bones and All di Luca Guadagnino, (2 settembre) seguito da Monica di Andrea Pallaoro (3 settembre), L’immensità di Emanuele Crialese (4 settembre), Il signore delle formiche di Gianni Amelio (6 settembre) e Chiara di Susanna Nicchiarelli (9 settembre): ecco tutte le prime anticipazioni sui film nelle parole dei produttori che hanno puntato su di loro


GLI AUTORI ITALIANI IN CONCORSO A VENEZIA 79
BONES AND ALL di Luca Guadagnino
Raccontato dai produttori Lorenzo Mieli per The Apartment e Francesco Melzi d’Eril per MeMo Films


Due giovani senza casa, che vivono on the road per gli Stati Uniti di Ronald Reagan, ai margini del sogno americano, condividendo un amore estremo che cerca di sopravvivere al loro terribile passato: sono Maren e Lee, i protagonisti di Bones and All di Luca Guadagnino, interpretati da Taylor Russell e Timothée Chalamet. Sarà il primo film di un autore italiano nel calendario della 79. Mostra del Cinema di Venezia: l’anteprima è prevista per il 2 settembre.

«Bones and All è nato tempo fa da una sceneggiatura meravigliosa di David Kajganich tratta dal romanzo omonimo di Camilla de Angelis», racconta Lorenzo Mieli, produttore per The Apartment. «David, insieme alla produttrice americana Theresa Park che aveva acquistato i diritti del libro, ha proposto il progetto a Luca Guadagnino, il quale se ne è subito innamorato. Quando Luca mi ha chiesto di produrlo insieme a lui ho capito da subito che sarebbe stato un film straordinario, un film di genere ma anche una grande storia d’amore che analizza in modo eccezionale la dipendenza e l’ineluttabilità dell’amore». Anche Francesco Melzi d’Eril, produttore per MeMo Films, condivide lo stesso entusiasmo: «Abbiamo fatto “partire le macchine” molto velocemente e, grazie all’apporto di un gruppo di finanziatori italiani “visionari”, siamo riusciti a coprire il budget necessario (ed impegnativo)». È il primo film di Luca Guadagnino tutto realizzato negli Stati Uniti e parla «di un’America eterna e solitaria, la più profonda. Il film è stato girato in vari stati Usa come Ohio, Kentucky e Nebraska. È stato bello e faticoso confrontarsi con una realtà produttiva molto diversa dalla nostra. I due mesi e mezzo a Cincinnati e dintorni non li dimenticheremo facilmente», sottolinea Melzi d’Eril.

«L’idea di girare un film negli Stati Uniti e sugli Stati Uniti è stata una grandissima sfida che tutti noi capitanati da Luca ci siamo sentiti di affrontare, accettandone oneri e rischi», aggiunge Mieli. «Bones and All è un film finanziato quasi integralmente da società italiane: insieme a Francesco Melzi con la sua casa di produzione MeMo Film, è stato fatto un grande lavoro per mettere insieme questa squadra produttiva».




MONICA di Andrea Pallaoro
Raccontato dai produttori Andrea Pallaoro e Marina Marzotto, Founder e Head of Production di Propaganda Italia


Oltre che l’autore e il regista, Andrea Pallaoro è anche il coproduttore di Monica, in concorso alla Mostra di Venezia il 3 settembre. «Pur esplorando temi universali e non facendo chiari riferimenti geografici, Monica è una storia intrinsecamente americana», spiega Pallaoro. «A 19 anni feci un viaggio coast to coast in autostop e rimasi profondamente colpito dalle contraddizioni culturali del Midwest americano e dai profondi contrasti sociali e culturali con città come Los Angeles e New York. Questa dicotomia assume un ruolo importante nel ritorno sia fisico che emotivo e psicologico di Monica nel Midwest, in cui era nata e cresciuta. Tra l’altro, per pura coincidenza, la protagonista Trace Lysette è cresciuta a sole poche miglia di distanza dalle zone in cui abbiamo girato il film». Trace, attrice e artista transessuale, è il cuore del film: «Il processo di trovare la persona in grado di incarnare lo stato emotivo e psicologico di Monica è stato lungo e complesso: ho incontrato tantissime candidate e ci è voluto più di un anno prima che trovassi Trace. Creare e collaborare con Trace è stata un’esperienza straordinaria, profondamente significativa e di grandissima ispirazione, oltre che un immenso piacere ed onore. È un’artista sempre alla ricerca di una sua verità, che difende e si batte per ciò in cui crede».
Marina Marzotto, Founder e Head of Production di Propaganda Italia, segue il lavoro di Pallaoro fin dagli esordi e, nel 2019, la prima stesura di Monica l’ha subito convinta: «Andrea ha una sua cifra precisa: entra in situazioni di vita comune e le indaga senza facili concessioni ad emozioni plateali. Monica ci ha conquistato per l’infinita capacità di perdono e amore della sua protagonista e per il messaggio di speranza che il film regala a tutti coloro che in diverse situazioni scelgono, per quanto ardua, la strada dell’accettazione e comprensione. In un’epoca in cui si parla molto di inclusione Monica è un’eroina contemporanea con una forza d’animo che è fonte di ispirazione».
Il film, pur essendo girato negli Stati Uniti con attori americani, ha la nazionalità italiana: «La compagine italiana è minoritaria (48%) ma anche l’investitore di maggioranza relativa e oltre all’Italia gestisce anche le vendite per il territorio francese, con il partner di Playtime Group», spiega Marzotto. «Propaganda ha ottenuto il supporto del MiC e di Rai Cinema. Fenix Entertainment si è associata alla coproduzione acquisendo i diritti del Film per l’Italia, poi licenziati a I Wonder Pictures che è il distributore italiano. In ultima, la nuova compagine 039 Albedo ha contribuito a chiudere il budget italiano associandosi a Propaganda. Questo lavoro ci ha permesso di ottenere la nazionalità italiana per un’opera che presenta moltissimi importanti capi reparto italiani, tra cui l’autrice del montaggio Paola Freddi».




L’IMMENSITÀ di Emanuele Crialese
Raccontato dal produttore Mario Gianani per Wildside

Foto di Angelo Turetta

L’immensità, ambientato nella Roma degli anni ’70, racconta di una madre, Clara, che vive un amore simbiotico con i tre figli mentre il suo matrimonio con Felice è giunto al capolinea. Sarà presentato a Venezia il 4 settembre. È un progetto molto personale al quale Crialese ha pensato a lungo: «Io ed Emanuele ci siamo incontrati la prima volta, per parlare di questo film sette anni fa», racconta Mario Gianani per Wildside, società del gruppo Fremantle. «C’è stata poi una pausa, fino a tre anni fa, quando abbiamo riannodato i fili di questa conversazione: da allora abbiamo lavorato al progetto senza mai fermarci, se non per il Covid che ha fatto slittare le riprese di quasi un anno. Il progetto nasce dal desiderio di poter riflettere sul tema dell'identità, un tema comune anche agli altri film di Crialese. Emanuele è un grande sceneggiatore e regista, accompagnarlo significa essere presenti nelle scelte importanti, come è stata quella di scegliere la co-sceneggiatrice Francesca Manieri. È stato affascinante garantirgli le migliori condizioni affinché realizzasse il film che ha immaginato per così tanto tempo. Un percorso felice ed emozionante».
Il film è centrato sulla figura di Clara interpretata da Penélope Cruz, che ha dichiarato di aver amato subito il personaggio: «Il processo di casting è iniziato dopo aver concluso la sceneggiatura. Il nome della Cruz è venuto successivamente e in maniera abbastanza naturale: quello tra Emanuele e Penélope è stato un vero incontro. Lei è stata da subito molto generosa nel darsi completamente al film».
L’immensità nasce da un’importante e articolata coproduzione internazionale: «Il film è coprodotto con Chapter 2 di Dimitri Rassam e con Pathé», spiega Gianani. «Abbiamo con loro una consuetudine di lavoro ed è venuto naturale proporgli anche L’Immensità. Hanno aderito al progetto subito dopo la lettura del copione e aiutato noi nella fase di finanziamento, produzione e distribuzione internazionale della pellicola».




IL SIGNORE DELLE FORMICHE di Gianni Amelio
Raccontato dal produttore Simone Gattoni, CEO di Kavac Film

Foto di Claudio Iannone

L’idea di Il signore delle formiche, in concorso alla Mostra il 6 settembre e al cinema dall’8 settembre, nasce nel 2018: «Marco Bellocchio ed io abbiamo pensato ad Aldo Braibanti, piacentino come noi, l’unico italiano condannato per plagio. La vicenda avvenuta tra la metà e la fine degli anni ’60 ma ci sembrava avesse un’eco sulla situazione attuale dei diritti nel nostro Paese», racconta il produttore Simone Gattoni, CEO di Kavac Film. «Gianni Amelio ci è parso la persona più indicata a cui affidarlo. Abbiamo ricostruito la vicenda non solo di Braibanti ma anche del giovane Giovanni Sanfratello, che venne rinchiuso per 15 mesi in ospedale psichiatrico».
Tutto quello che, nel film, avviene in tribunale è tratto dai veri verbali del processo: «Amelio e il suo team di scrittura hanno fatto un grande lavoro di documentazione anche in collaborazione con Ferruccio Braibanti, il nipote di Aldo. Ma abbiamo voluto anche raccontare la storia di un intellettuale condannato a 9 anni di carcere per il fatto di essere omosessuale, usando la scusa del plagio. Era il 1968: fu la volontà precisa di un’Italia reazionaria che voleva resistere ai cambiamenti in atto nel Paese. Per questo la vicenda Braibanti è così attuale anche oggi: racconta come negli ultimi 50 anni il paese non ha ancora risolto il discorso sull’inclusività. Leggiamo ancora di omosessuali malmenati, ragazzi che subiscono angherie perché sono omosessuali. Il film uscirà nelle sale durante campagna elettorale dove c’è uno schieramento che richiama una serie di valori tradizionali, anche legittimi, ma che purtroppo a mio avviso non tendono a pensare a un’inclusione, alla tutela di tutti».
A proporre Luigi Lo Cascio nel ruolo del protagonista è stato Gianni Amelio: «Luigi assomiglia molto a Braibanti senza particolari effetti prostetici, e ha fatto un lavoro pazzesco sull’accento, un po’ emiliano e un po’ lombardo. Il film è girato in Emilia Romagna, tra Roccabianca, Busseto e Fidenza. Per la Torre Farnese, il laboratorio di Braibanti, abbiamo riadattando un vecchio palazzo del 1600.  E poi abbiamo girato a Roma, epicentro del processo. Avrebbero potuto darci l’aula del Palazzo di Giustizia solo in agosto, ma non coincideva con i nostri piani di lavorazione, quindi abbiamo ricostruito in studio l’aula in scala 1:1: una costruzione di 22 metri per 15. È stato un bell’impegno produttivo, l’abbiamo ancora nei nostri magazzini».




CHIARA di Susanna Nicchiarelli
Raccontato da Marta Donzelli per Vivo Film

Foto di Emanuele Scarpa

La Vivo Film di Marta Donzelli e Gregorio Paonessa ha già prodotto i due precedenti ritratti femminili firmati da Susanna Nicchiarelli e approdati a Venezia, Nico, 1988 e Miss Marx. E hanno creduto subito anche in Chiara, il film in concorso il 9 settembre che racconta la vita di Santa Chiara. «Ci ha convinti subito la lettura che il film dà sulla storia della santa: quella di una giovane donna che, in un tempo molto lontano dal nostro, ha il coraggio di abbandonare la sua vita e la sua famiglia per inseguire degli ideali», spiega Marta Donzelli. «Chiara segue Francesco e una visione rivoluzionaria della religione improntata sulla povertà, sul rapporto con la natura e le cose del mondo. Nella tradizione cattolica è stata rappresentata come una donna angelicata, il film invece è il racconto concreto di una giovane che ha il carisma e la forza di voler cambiare le cose e attrarre a sé altre giovani donne di quella generazione, una cosa che non siamo abituati a pensare nella visione stereotipata che abbiamo del Medioevo».
Ricreare quell’epoca è stata anche una sfida produttiva: «C’è una grande ricerca filologica, una grande attenzione a costumi e scenografie: i riferimenti sono stati la pittura del tempo, prima di tutto Giotto. Abbiamo girato nel nord del Lazio, nella basilica di San Pietro e nell’abbazia di San Giusto a Tuscania, luoghi più grandi e maestosi della chiesa di San Damiano di Assisi, scelti da Susanna e la scenografa perché nella loro imponenza e verticalità ci raccontano il rapporto col trascendente. È un film laico con un punto di vista tutto terreno, ma che dialoga con rispetto con la dimensione del mistero e della trascendenza».

I protagonisti sono Margherita Mazzucco e Andrea Carpenzano: «Nel progetto fin dall’inizio c’era l’elemento dell’energia dei giovani: alcuni riferimenti di Susanna erano anche i film degli anni ‘70 come Jesus Christ Superstar, anche un po’ hippie, perché Chiara e Francesco sono state figure rivoluzionarie del loro tempo. Volevamo una Chiara molto giovane ed eravamo pronti a fare un casting di esordienti, ma era un ruolo molto impegnativo. A una certo punto ci è venuta l’idea di Margherita e al provino chi ha convinti subito: ha una forza contagiosa. Anche Andrea incarnava le caratteristiche che Susanna voleva dare a San Francesco. Si è chiuso in una dimensione di grande concentrazione, è stato quasi in ritiro spirituale per tutte le riprese».