MARTA DONZELLI, PRESIDENTE DEL CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA: «IL FUTURO DEL CENTRO? È L'APERTURA VERSO IL MONDO GLOBALE E QUELLO DEL LAVORO» di Elisa Grando

La spinta internazionale, l’avvio dei rapporti con le piattaforme, il lavoro sulla parità di genere: Donzelli racconta il nuovo corso del CSC. In un anno da record per la Scuola Nazionale di Cinema

Apertura verso il mondo, attenzione alle nuove esigenze di un mercato in mutamento, valorizzazione del patrimonio: sono questi i punti cardine sui quali Marta Donzelli, dallo scorso marzo Presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, sta forgiando il nuovo corso di un’istituzione storica ma con lo sguardo rivolto al futuro. Le iscrizioni al nuovo triennio della Scuola Nazionale di Cinema si sono appena concluse con un numero record: «Oltre 2700 domande, il dato più alto di sempre, con una crescita del 100% rispetto alla media degli ultimi anni», dice Donzelli.
Il Centro Sperimentale, però, è una struttura articolata: oltre alla Scuola Nazionale di Cinema contiene anche la Cineteca Nazionale e la Biblioteca Chiarini, una delle più grandi di cinema in Europa. «I primi mesi sono stati di studio e approfondimento di questa realtà complessa, ma abbiamo anche iniziato a gettare dei semi per quello che vogliamo fare in futuro», afferma la Presidente. «La parola chiave della Scuola? Apertura verso il mondo, inteso come mondo del lavoro e mondo globale».

Quali sono i primi passi che sta compiendo da Presidente?
Vogliamo lavorare per aprire la Scuola a una dimensione sempre più internazionale, com’è sua tradizione: ha avuto celebri allievi non italiani, primo tra tutti Gabriel García Márquez. Nella contemporaneità, in un mondo che sta cambiando così velocemente è importante favorire gli scambi con le altre scuole. L’altro sforzo è promuovere, già nella fase della formazione, il contatto con il mondo del lavoro e con il mercato. L’audiovisivo sta vivendo una primavera nel senso dei volumi prodotti. Anche grazie al mio profilo di produttrice ho attivato una serie di contatti con i grandi player che investono in questo settore: ci saranno iniziative che favoriscono questo rapporto già a partire dal prossimo anno scolastico.

Il Centro Sperimentale sta attivando dei rapporti con le grandi piattaforme?
Sì, abbiamo avuto un paio di riunioni con Netflix. Penso sia una grande opportunità, stiamo lavorando per strutturare il rapporto. Per i player aver accesso al bacino dei potenziali giovani talenti è interessante, ma bisogna trovare un punto di equilibrio. L’idea è di allargare questo stesso concetto agli altri player, ma siamo in contatto anche con altre realtà della produzione.

L’aumento dei volumi di produzione farà lievitare la richiesta di professionisti del settore?
In questo momento c’è una fortissima richiesta occupazionale: è anche il risultato della politica attenta a questo settore fatta dall’attuale Ministro, oltre che da fattori strutturali come l’aumento della ricerca di contenuti da parte del pubblico. Questo pone una serie di questioni a cui non ho ancora una risposta, per esempio quella sui numeri della Scuola, che è un’istituzione di eccellenza super selettiva. Penso che una certa espansione dei numeri in prospettiva, rispetto all’intero territorio, possa essere un oggetto di riflessione.

Come si accordano, nella formazione, le nuove esigenze del mercato con l’idea del cinema d’autore?
La scommessa è formare dei ragazzi pronti ad entrare nel mercato attuale con tutto quello che comporta oggi, anche con un’attenzione alla serialità, ai nuovi linguaggi. Allo stesso tempo la parola “Sperimentale” nel nome del Centro resta importante: la Scuola è una grandissima opportunità di libertà e ricerca della propria voce. È chiaro che se ci si immette in un certo tipo di mercato, su committenza, magari in una serialità dove ci sono diversi registi e autori, il lavoro è diverso. Un certo tipo di cinema offre ancora una maggiore possibilità di esprimere la propria identità. Questo deve sempre essere tenuto presente, anche nelle politiche sul cinema.

Con lei è stato nominato un CDA molto al femminile: Cristiana Capotondi, Valentina Gemignani, Guendalina Ponti e Andrea Purgatori. Come supporterà la parità di genere?
Vogliamo rendere la Scuola inclusiva sotto ogni profilo. Spero riusciremo a mettere in campo politiche attive ed efficaci: intanto, i bandi di selezione hanno commissioni dove vige la parità di genere. Alcune professioni alle quali le ragazze hanno meno accesso verranno raccontate anche attraverso modelli femminili. Dove inizia, nelle professioni del cinema, il collo di bottiglia della disparità di genere? Comincia molto presto. È una questione culturale che il Centro prova a scardinare. Con le commissioni paritetiche vogliamo mostrare plasticamente che ci sono donne con un curriculum adeguato nei diversi settori. Il discorso delle quote, che in alcuni Paesi ha fatto la differenza, è delicato: comunque è giusto premiare il merito. Ma rispetto ad alcune professioni, come il suono o la direzione della fotografia, il tema è riuscire a sfondare la possibilità di immaginarsi in determinati mestieri, soprattutto per le ragazze. Bisogna fare un lavoro culturale sulle scuole e sui modelli. Dal mio osservatorio di produttrice vedo che pian piano qualcosa sta cambiando.

Che ruolo ha la Cineteca Nazionale?
Sto dedicando moltissima attenzione alla Cineteca perché svolge una funzione fondamentale sia per la conservazione e diffusione del patrimonio che per la formazione del pubblico rispetto alla sala cinematografica. Stiamo lavorando a una riorganizzazione interna del lavoro, per renderla il più possibile efficiente, e alla valorizzazione del patrimonio nel rapporto con gli aventi diritti. È poi in corso il processo di digitalizzazione del patrimonio cinematografico italiano: un passaggio vitale. Vogliamo tornare a mostrare il patrimonio in sala: ora la Cineteca non ha più la Sala Trevi, ma abbiamo nuovi progetti per il prossimo anno. La presenza della Cineteca nelle sale di Roma sarà forte.